Formazione

A teatro, contro l’oppressione

Si utilizza la tecnica del teatro dell'oppresso per favorire la liberazione dell'uomo

di Antonietta Nembri

Quando si parla di teatro si pensa a un palcoscenico con attori che interpretano dei personaggi, mettono in scena una storia e il pubblico, seduto in platea, applaude più o meno calorosamente la performance degli artisti. Ma per dire teatro si può anche usare il termine greco ?drama?, cioè fare, agire ed è di un?azione un po? particolare, di una drammatizzazione sui generis che si occupano i membri di Giolli, un?associazione teatrale nata nel 1992. Il campo di azione di Giolli è il cosiddetto Teatro dell?oppresso, nato in Brasile negli anni Sessanta dall?idea di Augusto Boal che utilizzava il teatro per combattere l?oppressione militare e far prendere coscienza alla gente sulla situazione. Un?azione chiaramente che non piacque alla dittatura militare: Boal dovette andare esule a Parigi e qui continuò la sua attività. In Occidente e in Italia, l?oppressione non si presenta come militare e politica, ma piuttosto assume l?aspetto di un?oppressione psicologica, verbale. E qui si inserisce anche il metodo della ?coscientizzazione? di Paolo Freire. Quello che per convenzione è definito il pubblico viene aiutato a ?prendere coscienza? della propria condizione e aiutato a liberarsi. Verso la fine degli anni Ottanta Roberto Mazzini, presidente di Giolli, frequenta in Francia alcuni seminari del Theatre de l?Opprimé, e proprio da questa esperienza è poi nata l?avventura di Giolli. Alcuni anni dopo viene fondata l?associazione che ha punti di contatto in tutta Italia, organizza seminari e stage, corsi di formazione per operatori che vogliono utilizzare questo metodo. «Il fine della nostra azione», spiega Roberto Mazzini, «è sempre quello di aiutare dei processi di liberazione. Nel nostro lavoro con i malati di mente, per esempio, la liberazione può essere intesa come liberazione dai pregiudizi, da una situazione nella quale ci si sente perdenti». Dalla sua nascita l?associazione ha lavorato nel campo della formazione rivolgendosi a detenuti, studenti delle scuole superiori, malati di mente ed ex tossicodipendenti. «Gli operatori spingono il pubblico a interagire con loro. Il metodo» spiega Gabriella Pesce, coordinatrice del corso base organizzato in Italia dall?associazione, «è quello di giungere a un punto di crisi, un punto senza soluzione e chiedere a chi assiste di intervenire in scena». Non esistono testi, almeno in Italia: ci sono piuttosto dei canovacci, mentre la scena è studiata e preparata per rispondere alle esigenze di un determinato contesto. La bellezza di uno strumento come il Teatro dell?Oppresso è quello di essere, spiegano i suoi utilizzatori, assolutamente vario e utilizzabile in qualunque luogo e con qualsiasi persona. «Non è mai successo che il pubblico non sia intervenuto. Anche perché», spiega Roberto Mazzini, «si tratta di un lavoro che viene preparato con gli operatori, si gioca, si parla con il pubblico e si entra in contatto». Non si tratta insomma di spettacoli veri e propri, ma di performance che arrivano alla fine di un percorso di formazione che aiuta a prendere coscienza di una situazione cercando allo stesso tempo delle vie d?uscita. La scheda NOME   ASSOCIAZIONE GIOLLI INDIRIZZO  via A. Manzoni, 31                    40026 – Imola (Bo)                    E-mail: giolli@iperbole.bologna.it TELEFONO 0542/22522 PRESIDENTE Roberto Mazzini SCOPO Utilizzare la forma del teatro                dell?oppresso per contribuire                alla liberazione dell?uomo ANNO DI NASCITA 1992


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